Articoli21 dicembre 2014
“Mamma…ma io sono normale?” Questa frase mi risuona nella testa, l’ho sentita tante volte…me la sono fatto tante volte… Sinceramente se lo siamo o no non lo so… I disturbi specifici di apprendimento hanno una base biologica, genetica. Certo, qualcosa di diverso rispetto a chi non lo è, c’è. Ma qual è il punto che discrimina tra normalità e anormalità? e soprattutto cos’è l’anormalità? “…sei solo fatto in modo diverso…” Il nostro cervello è l’organo più complesso e il più plastico, può mutare e compensare; rendendo così le diversità caratteristiche da valorizzare, che distinguono ognuno di noi…(Pittori, Ingegneri, Scienziati, Filosfi…): “la molteplicità dei cervelli”. “Mamma perché andiamo dal dottore? …Non sto bene?” Quando qualcosa non lo si conosce c’è bisogno di classificarlo, dargli un nome e avere delle indicazioni… Se ci sediamo e osserviamo, le risposte emergono. Io non imparo come il mio compagno di banco, ma se guardiamo una mela entrambi capiamo che è una mela; il ritornello del tormentone dell’estate; la carezza di nostra madre, una parola dolce di qualcuno ci tranquillizza entrambi: noi siamo cervello sinistro. Immagini, Suoni…Emozioni “Ma essere bocciati un anno non è grave…Signora non posso pensare di mandarlo in terza con queste lacune…Suo figlio non sta nei tempi…suo figlio non sta attento…Ma suo Figlio non è segnalato…” Io aiuto Te e Tu aiuti Me. In tutte le specie di animali che vivono in branco questa frase è vera. Non viene applicato nessun tipo di classificazione, il più debole viene protetto. “Non giocare con lui perché si attacca…ma perché lui può usare la calcolatrice e io no…se devo aspettare lui rallento tutta la classe…una persona come lui non ha senso di esistere…si lo so cosa sono i DSA, quei ragazzi che si, sono un po’ limitati, che poverini non ci arrivano…” La diversità tra gli individui di una specie porta questa a evolversi. Anche per l’essere umano vale lo stesso, la differenza tra i cervelli e i tempi di apprendimento sono segni che stiamo evolvendo, da un punto di vista individuale ma soprattutto collettivo. Perché non dobbiamo dimenticare che noi come singoli facciamo parte di una comunità la quale è un ente anch’esso. Ciò che un singolo non riesce a fare può essere compensato da qualcun altro all’interno della comunità e questo portare nei suoi limiti il proprio contributo positivo. Inoltre non dobbiamo dimenticarci che la natura compensa sempre là dove c’è uno scompenso. La compensazione non è sempre chiara e limpida ma va ricercata; questa però porta sempre ottimi risultati. Di Vittorio Melotti Solve et coagula, alchimia dell'immagine
le forme definiscono la realtà, la mente le dissolve e le rielabora consegnandole all' anima con un nuovo significato, la matita come strumento per trasformarle in simbolo visibile a tutti sciogliere e ricondensare, dividere per assorbire e poi ricondensare per comprendere, questo sottile movimento che l'anima e la mente umana compiono costantemente quando entrano in contatto con la realtà mi ha profondamente affascinato da sempre. In questo fluire e rifluire di maree che dal mondo esterno entrano nelle caverne profonde dell'intimità umana la realtà viene scomposta, distillata e ricondensata attraverso gli strumenti e il bagaglio culturale di ciascuno. Tutto quindi viene compreso e sentito in modo diverso da ogni persona, in modo unico quanto la sua storia personale. La mia ricerca è partita dall'utopia di creare un linguaggio universale andando oltre i filtri della percezione. Ho deciso di tradurre in immagine delle poesie brevi che ho scritto, non illustrandole, ma descrivendo con la matita e il foglio il processo di scomposizione e ricomposizione che la mia mente e il mio cuore fanno leggendo. Ho scelto di limitare al massimo le distrazioni scegliendo un foglio bianco e una matita nera, gli strumenti più semplici che chiunque voglia fare dei segni può incontrare. Il bianco e il nero assumono una valenza simbolica legata agli opposti, alla materia e all' assenza della stessa, luce e ombra, pieno e vuoto. I segni si sciolgono sul foglio, ricomponendosi con linee fluide in immagini fatte da altre immagini, a volte riconoscibili e semi realistiche, altre volte puramente grafiche. Disegnare diventa un gesto molto simile alla scrittura, l'immagine viene composta in modo quasi automatico, seguendo l'emozione e la sensazione che linee e forme mi dettano mentre lavoro, e si trasforma nel simbolo del testo. di Elena Mauri |
MaterialiLettera al Ministro Poletti risultante dal convegno:
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